Epigrafe
Quando partisti, come è nostra usanza, inzepparono la cassa dei tuoi piccoli oggetti cari. Ti misero l’ombrellino da sole perché andavi in un torrido regno e ti vestirono di bianco. Eri ancora una bambina, una bambina difficile a crescere. Pure fosti accolta con rassegnata dolcezza, custodita e portata alla luce come matura la spiga in un campo esausto. Io ricordo, sorella, il tuo pigolío quando ti chiudevi a piangere sulla loggia perché volevi andare sul tetto a stare. Eri felice soltanto se potevi sollevarti un poco da terra.
Ti misero nella cassa gli oggetti piú cari, perfino una monetina d’oro nella mano da dare al barcaiolo che ti avrebbe accompagnata all’altra riva. Noi restammo di qua nella grande casa che tu sapevi rivoltare come un sacco. Per un po’ di giorni nessuno ebbe voglia di riassettarla. Ci raccogliemmo intorno al camino pensando al tuo grande viaggio, alIa tristezza di mandarti sola in un paese sconosciuto. La nonna stava ad aspettarci da anni. Da anni nessuno di noi era stato chiamato. NelI’immensa plaga, in quella lunga quarantena come avete fatto a riconoscervi?
Ti avevamo messo dentro la cassa gli oggetti piú cari, il tuo ombrellino, il tuo pettine, un piccolo mazzo di fiori. Mia madre ti seguiva ad ogni tappa, dalla casa alla chiesa, dalla chiesa al cimitero. Dava ricetto nella sua stanza ad ogni farfalla, e tenne per lungo tempo la casa aperta nella speranza che tu potessi tornare.
Un giorno una donna venne a bussare alla porta, a dirci che ti aveva sognata. La donna aveva una bimba malata, una tua compagna, e tu l’avevi visitata. Parlasti in sogno a quella donna, chiedesti qualcosa che ella non sapeva: perché non sentiva in sogno e tu parlavi e pareva che chiedessi una cosa che nella confusione del distacco era stata dimenticata. Mia madre rovistò tra le tue carte, stette a lungo a cercare i tuoi quaderni a uno a uno.
Guardammo per l’ultima volta la tua scrittura tenera, il tuo esile nome scritto dalla tua piccola mano. Furono legati con un nastro bianco i tuoi quaderni che avevamo dimenticati. La bambina te li avrebbe portati. Aggiustammo i tuoi quaderni nella cassa della compagna che tu avevi prediletta. Anch’essa venne vestita di bianco nell torrido regno da cui nessuno è mai tornato.
Leonardo Sinisgalli
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